2014/10/12
Palermo – abitare il “sacco”/living in the “sack”
Un grande e luminoso nido in un pezzo di città senza progetto
Daniela Ciaffi
Ingegnere, mamma, quarantadue anni: Simona vive con suo marito e le sue due figlie piccole al dodicesimo piano di un palazzo costruito all'inizio degli anni Settanta. Il loro appartamento è di circa duecento metri quadrati. Per Simona rappresenta un nido enorme che ha ereditato dai suoi genitori. La storia della sua famiglia è paradigmatica di una politica abitativa nazionale lunga mezzo secolo e orientata a rendere proprietari di casa il maggior numero di italiani possibile.
Abitando in questa casa da quando aveva solo un anno Simona è una diretta testimone del fatto che fino agli anni Novanta il centro storico della città rimase completamente sconosciuto ai cittadini che come lei abitavano nel cosiddetto “sacco” di Palermo. Con questa espressione si usa definire il boom edilizio avvenuto tra gli anni Cinquanta e Sessanta che cambiò radicalmente una città già provata da violenti bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.
Simona inizia a guidare il motorino a quindici anni ma è solo a venti che si inoltra per caso nel centro storico della sua città. Come ci si arrangia durante la propria vita quotidiana, nel corso dei decenni, in condizioni di speculazione immobiliare estrema e assoluta mancanza di progettazione architettonica, pianificazione urbanistica e strategie sociali?
L'intervista a Simona cerca di capire cosa voleva e vuol dire vivere nel sacco di Palermo, dove gli spazi privati sono ariosi e soleggiati, ma la qualità ambientale e architettonica del contesto è pessima. Come spiega Simona il fatto che nel suo quartiere gli alloggi arrivino a costare 4000 euro al metro quadrato? Questo è uno di quei casi di architettura, urbanistica e sociologia urbana in cui lo sguardo esterno non può riuscire a leggere gli spazi se non riceve l'aiuto di una prospettiva interna.
A spacious and bright nest in a poorly designed part of the city
Daniela Ciaffi
Forty-two years old, engineer, mother: Simona lives with her husband and her two young daughters on the twelfth floor of a building erected in the early Seventies. Their apartment is about two hundred square meters. Simona inherited this huge nest from her parents. The story of her family is paradigmatic of a national housing policy that for more than half a century aimed to turn most Italians into homeowners.
Having lived in this home since she was just one year old, Simona can directly testify that until the Nineties the historic city center has remained completely unknown to the citizens who lived – similarly to her – in the so-called ‘sack’ of Palermo. This locution is used to define the building boom that occurred between the Fifties and Sixties and that radically changed a city that had already suffered from heavy bombings during WWII.
Simona began to drive a motor-scooter when she was fifteen years old but it was when she was twenty that she entered for the first time, and almost by chance, in the historic heart of her city. How citizens arranged their daily lives over the decades in conditions of extreme real-estate speculation and absolute lack of architectural design, urban planning and social strategies?
The interview with Simona tries to understand what it meant and what does it mean now to live in the ‘sack’ of Palermo, where private spaces are airy and sunny but the environmental and architectural quality of the context is poor. How does Simona explain an average value of 4,000 euros per square meter in her neighborhood? This is one of those cases of architecture, urban planning and sociology in which an external glance may not be able to read spaces unless it receives help from an insider's perspective.
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